La reputazione corre online: il caso Moncler

monclerPiù di 22 mila menzioni, 3 mila tweet, l’hashtag nelle prime posizioni trending topics in classifica, più di 1.800 commenti ai post aziendali su Facebook: non sono i risultati di una campagna viral, ma i numeri fatti registrare dal caso Moncler nella sola giornata di lunedì 3 novembre. Tutto questo clamore è stato scatenato dalla puntata di Report che, nella serata precedente, aveva discusso sull’uso della piuma d’oca per la produzione manifatturiera: tale argomentazione, in ogni caso critica e accusatoria nei confronti dell’azienda, ha provocato un crollo in Borsa del titolo azionario e l’avvio di una vasta campagna di boicottaggio dei noti prodotti di abbigliamento.

Le domande, da parte degli esperti di comunicazione soprattutto web, sorgono spontanee: quanto è diventata importante ladownload (13) reputazione online di un brand? come un brand può difendersi in questi casi? quale è la migliore strategia di crisi?

Il caso Moncler non è il primo a cui assistiamo: la prima strategia di crisi non efficace che mi viene in mente è quella adottata dalla Costa Crociere dopo l’incidente della Costa Concordia il 13 gennaio 2012 presso l’isola del Giglio. L’azienda, invece di essere vicina ai suoi clienti, di rendersi utile alle famiglie dei dispersi e di mostrarsi umana e compassionevole, ha invece seguito l’idea rigida di mission aziendale con reazioni e comunicazioni troppo formali rispetto alla tragedia vissuta. Quello che è poi avvenuto è stato un drastico cambiamento di  gestione dell’immagine del brand, con la massima trasparenza verso un orizzonte di affidabilità e qualità, enfatizzando soprattutto l’aspetto della sicurezza.

barillaAltro caso di gestione della reputazione è stato quello Barilla: le sfortunate dichiarazioni di Guido Barilla sul tema delle nozze gay al programma radiofonico La Zanzarahanno scatenato un tam tam mediatico, specialmente lato digitale, che hanno portato lo stesso presidente del gruppo a scusarsi personalmente e ad avviare un efficace piano di recupero della reputazione, che in pochi mesi ha quasi riportato l’azienda di Parma a livelli pre crisi.

Visti i precedenti, la Moncler avrebbe potuto, se non evitare, almeno tamponare e arginare le perdite: difatti il servizio è stato preparato mesi prima dallo staff di RaiTre, e l’azienda è stata sicuramente interpellata dalla giornalista per rispondere nel merito. Tuttavia, nonostante l’avvertimento, l’azienda ha ignorato il potenziale rischio reputazionale, il titolo in Borsa ha perso il 4,9% in una sola giornata e le conseguenze, non solo finanziarie, si faranno sentire a lungo.

online-reputation-managementInnanzitutto chiariamo cosa si intende con reputazione online e cosa significa una corretta strategia: la reputazione online di un brand piu o meno famoso, quotato in borsa o meno, consiste nella gestione dell’intangible asset dell’immagine di marca, quindi nella necessità di mettere in atto preventivamente una serie di azioni volte a creare un cuscinetto di valori e impegni che circondino il nome del brand, in caso di critiche. Attualmente i canali web hanno enfatizzato tale aspetto perchè, in caso di critica o incidente, l’utente ha a portata di mano la possibilità di dire la sua, come nel caso Moncler, e di giudicare l’attività dell’azienda: il web non è più un posto dove cercare le cose, ma è ormai divenuto un posto dove cercare le persone o le marche, e parlarne bene o male.

Nel caso specifico, quali sono stati gli errori di Moncler? In primo luogo l’azienda, a conoscenza dell’inchiesta di Report, avrebbe potuto prevenire con un audit accurato i possibili rischi e definire una strategia di protezione attraverso alleanze e piani di comunicazione adeguati.
Successivamente avrebbe potuto implementare immediate azioni correttive affinché i consumatori potessero essere pronti e predisposti positivamente nei confronti dell’azienda. Ovviamente tutto questo presuppone l’esistenza di una struttura social media organizzata e operativa che monitori tutte le conversazioni sul marchio e sia pronta a rispondere alle critiche, a precisare laddove ci fossero affermazioni non corrette, a chiarire punti controversi. Purtroppo tali strutture sono monche, impreparate o, addirittura inesistenti.moncler1-horz

Cosa è invece avvenuto? Il brand ha ignorato il servizio, ha scelto di non partecipare e di non rilasciare una sua versione dei fatti, piuttosto che dare alla propria voce la stessa visibilità data alle voci avverse. In secondo luogo, l’azienda non è intervenuta subito sui social, che sono stati fulcro principale della polemica. Gli utenti si sono sfogati sui social media, prendendo di mira innanzitutto la pagina Facebook ufficiale del brand, sia il profilo Twitter. I commenti, dai più innocui ai più offensivi, sono stati lasciati visibili, senza risposta da parte del brand, se non dopo un paio di giorni dopo, con il risultato che questi stessi post “esplicativi” sono stati bersagliati dagli utenti. Volendo ammettere che la Moncler non sia un’azienda web 2.0, tuttavia il brand non ha reagito nemmeno tramite la stampa, ma ha solo inserito un’immagine nella home del sito (attualmente rimossa) e composto un comunicato stampa, inserito sempre nel sito, in cui l’azienda spiega la propria versione dei fatti (e delle piume).

Visti gli errori, vediamo cosa supporta, invece, l’immagine aziendale e favorisce una corretta gestione di queste crisi: sicuramente, in primo luogo, ascoltare il proprio pubblico attraverso i canali web e monitorare, con vari strumenti analitici, i Mi piace, le condivisioni, i commenti e i tweet: niente di diverso dall’effettuare una semplice tradizionale rassegna stampa, corredata da numeri e opinioni degli utenti.

Secondo aspetto è la comunicazione diretta con gli utenti, enfatizzando ogni possibile commento o recensione positiva sul lavoro o sull’azienda, ma gestendo anche e soprattutto un commento negativo, affrontando e discutendo con chi l’ha scritto. Cio significa essere effettivamente presenti nelle discussioni che interessano l’azienda, in modo che i clienti si sentano ascoltati, importanti e unici, insomma i valori aziendali dovrebbero riflettersi nelle azioni compiute.

Infine, se consideriamo il meccanismo su cui si basano i motori di ricerca e il modo in cui vengono usati,  è fondamentale che tutti i commenti positivi siano ben visibili per coloro che cercano il brand: in questo caso basta rivolgersi alle numerose agenzie di Reputation Management, che creano dei contenuti ad hoc e cercano di piazzarli tra i primi risultati delle ricerche per le parole chiave.

reputazioneonline.001Insomma abbiamo già detto che il web ci circonda, ormai influenza tutti gli aspetti della nostra vita, alzi la mano chi non si affidi alle recensioni online prima di prenotare una vacanza, un week-end o solo una sera al ristorante fuori città, ma, in qualità di azienda, la responsabilità è ancora più alta e inevitabile poichè dal tam tam online, da una denuncia oppure da una recensione ormai dipende il successo o l’insuccesso di un’attività imprenditoriale.

Sottovalutare tale aspetto significa sia perdere eventuali opportunità di business, che avere delle vere e proprie perdite monetarie, concludendo che ormai la realtà virtuale è molto più reale di quello che siamo disposti ad ammettere.

Nuove tendenze: il social film

italy-in-a-dayA proposito di nuove tendenze Social, trovo molto affascinante la definizione di social film attribuita a Italy in a day, un film di Gabriele Salvatores, uscito nei cinema il 23 settembre, visto in TV il 26 settembre su Raitre con uno share del quasi 9% e presentato  alla 71esima Mostra del Cinema di Venezia.

In effetti Italy in a day può decisamente essere definito social poichè composto da 45.000 video girati con tutti i mezzi possibili (fotocamere, smartphone, etc.) e fatti dagli italiani partecipanti all’evento Italy in a Day. Il 26 ottobre scorso chiunque, tramite web, poteva inviare un video al sito Italy in a Day per raccontarsi e/o raccontare la sua giornata: un esperimento social e cinematografico molto emozionante, istruttivo e interessante, realizzabile solo oggi con i media di cui disponiamo.

Tantissimi hanno affidato il loro personale message in a bottlemessaggi tutti diversi, rispettosi, attenti, felici, malinconici, tristi, alcuni attenti alla coscienza del proprio ruolo, per una volta, di protagonista di un corto, che poi altri monteranno e vedranno. Insomma una rappresentazione video della vita quotidiana di sabato 26 ottobre 2013, di un paese che soffre, che gioisce, che lavora, dove c’è chi nasce, chi muore, chi lotta, con un senso di tenerezza verso la vita e verso l’umanità.

Quello che ha sorpreso è stato, in primis, la voglia di esprimersi di tutti: non solo ragazzi e giovani, ma ci sono famiglie, images (11)anziani, persone sole e in difficoltà. La possibilità di girare un video con qualunque supporta ci dimostra, poi, come la tecnologia sia ormai alla portata di tutti e come il caricare un video sul sito aperto apposta per raccogliere i vari contributi.

l risultato è stato fenomenale: oltre 44mila video arrivati, oltre 2200 ore di girato, una selezione di 632 video e 75 minuti di film, abilmente montati da Salvatores, che cerca di darne un profilo emozionale unitario tra la trama sgranata delle inquadrature di un telefonino e i volti ravvicinati riprese dalle web cam.

In ogni caso, Italy in a day resta un documento molto importante, una nuova e nostrana interpretazione di cinema collettivo nell’Era di Internet. E poi, se vogliamo, oggi, sommersi da qualsiasi tipo di immagine, non è forse il montaggio quindi il racconto, la vera anima di un film?

Email marketing: l’era 3.0 del dinosauro della comunicazione

Email-MarketingPrima della pausa estiva, affrontiamo un tema che si è riciclato nel corso del tempo, fino a diventare uno strumento fondamentale della strategia web: l’email marketing.

Lo strumento dell’email marketing ha successo semplicemente perchè funziona: secondo un recente sondaggio condotto da McKinsey & Co, è addirittura di ben 40 volte più efficace di Facebook e Twitter insieme. Continua a leggere “Email marketing: l’era 3.0 del dinosauro della comunicazione”

I Big Data: cosa sono e come possiamo utilizzarli

Big-Data-AnalyticsOrmai ne sentiamo parlare in continuazione, sono dovunque, sembrano i nipoti del Grande Fratello, quindi cerchiamo di capire cosa sono, da dove vengono e a cosa ci possono servire i Big Data.

Big Data è il termine per descrivere una raccolta di dataset così grande e complessa da richiedere strumenti differenti da quelli tradizionali. Il progressivo aumento della dimensione dei dataset è legato alla necessità di analisi su un unico insieme di dati, con l’obiettivo di estrarre informazioni aggiuntive rispetto a quelle che si potrebbero ottenere analizzando piccole serie, con la stessa quantità totale di dati. Ad esempio, l’analisi per sondare gli “umori” dei mercati e del commercio, e quindi del trend complessivo della società e del fiume di informazioni che viaggiano e transitano attraverso Internet.

Ma Big Data rappresenta anche l’interrelazione di dati provenienti potenzialmente da fonti eterogenee, quindi non soltanto i dati strutturati come i database, ma anche non strutturati, difatti oggigiorno l’utilizzo sempre più diffuso dei social media, di telefoni intelligenti che raccolgono e generano dati, il crescente uso di Internet, così come l’utilizzo sempre più diffuso di sensori che ci permettono di misurare e monitorare ogni cosa, crea un volume dei dati prodotti in tutto il mondo in costante crescendo.

Questi tipi di dati sono definiti Big Data per le caratteristiche principali, che si possono riassumere nelle tre “V”, ovvero in:big-data

  • Volume: capacità di acquisire, memorizzare ed accedere a grandi volumi di dati;
  • Velocità: capacità di effettuare analisi dei dati in tempo reale o quasi;
  • Varietà: riferita alle varie tipologie di dati, provenienti da fonti diverse (strutturate e non).

Tuttavia tali parametri si sono arricchiti nel corso del tempo di altre due caratteristiche:

  • Variabilità: le stesse informazioni hanno significato differente a seconda del contesto e del “luogo virtuale” in cui vengono reperite. Occorre contestualizzare il dato, in modo da capire se è indispensabile filtrarlo o meno;
  • Viralità: i Big Data sono in continua crescita e nella rete Internet esistono delle vere e proprie “regioni buie” da dove estrarre informazioni, le quali si espandono a “macchia d’olio” come un vero e proprio virus.

Data la loro natura eterogenea, i Big Data possono essere utilizzati nei settori più vari e non solo nelle analisi economico-finanziarie, ma, grazie a storage integrati, analisi e applicazioni, i Big Data contribuiscono a migliorare efficienza, qualità, prodotti e servizi personalizzati, producendo livelli sempre più elevati di soddisfazione ed esperienza del cliente.

Un esempio di eccellenza è il caso Wal-Mart.  Wal-Mart è la più grande catena di distribuzione di beni di consumo del mondo, nonché la prima azienda della classifica di Fortune 500. Ogni ora colleziona dati relativi a circa un milione di transazioni commerciali e li relaziona a fattori quali tempo, luogo, combinazione nel carrello, disponibilità a magazzino, frequenza di acquisto, etc. Se un cliente ha acquistato in passato un barbecue e spesso compera prodotti accessori, Big-Data1molto probabilmente sarà interessato ad articoli non ancora acquistati. Analizzando la disponibilità a magazzino, le informazioni meteo, i dati di localizzazione degli smartphone etc., il sistema invierà dei buoni per invogliare il cliente all’acquisto, ma solo se possiede un barbecue, il tempo nel weekend sarà bello e si trova in un raggio di tre miglia dal negozio. Insomma una sorta di previsione basata sui dati passati.

Altro esempio di progettazione è una app Android (quella per iOS è allo studio) che verrà lanciata il 12 maggio totalmente gratuita in collaborazione con Greenreport.it, webzine di economia ecologica e sostenibile. Il core-business dell’impresa è sfruttare la nuova potenzialità diappymeteo--258x258 mappatura geolocalizzata in real time della felicità secondo l’approccio “Experience sampling method”, che prevede la raccolta di informazioni in real time e si basa su alcuni recenti studi e progetti nella cosidetta “Happyness Research”. Appymeteo punta a coinvolgere una prima tranche di quattromila utenti in tutta Italia che, grazie a strumenti come la gamification tipo Ruzzle, con cui gli utenti possono scambiarsi, sfidarsi e condividere istanti di felicità, e un diario della felicità su cui annotare la quota di benessere istantanea quotidiana.

Concludendo i Big Data e il loro utilizzo risulta fondamentale nel mercato odierno: le aziende che saranno in grado di cogliere il loro enorme potenziale avranno un notevole vantaggio competitivo e le opportunità che si verranno a creare rendono il mondo dei Big Data un terreno fertile su cui costruire il business del futuro.

Un chiaro esempio di marketing territoriale

travel-trends-social-mediaQuesto post è dedicato al marketing territoriale sui Social poichè, all’inizio dell’estate, ogni borgo e città d’Italia lontanamente turistico, si prepara speranzoso all’arrivo dei turisti.

Attualmente il turismo è sinonimo di Social Media poichè le persone acquistano consultando i social, scelgono abiti, scarpe e accessori per l’auto attraverso Facebook e Twitter e pianificano le vacanze.

In tempo di crisi, poi, il tempo dedicato alle vacanze è sempre di meno e si riducono a una semplice settimana di pausa. Al tempo stesso è sempre più forte l’esigenza di risparmiare, di trovare un’offerta che permetta di modellarsi intorno alle esigenze del budget, senza rinunciare al qualità del soggiorno.

Ed ecco come un borgo della provincia di Salerno ha promosso la propria immagine, regalando un minuto di simpatia a che guarda il video e instillando la voglia di visitare questa simpatica cittadina. E’ un video basato sulle persone e sui luoghi, esprimendo il concetto di Happy in ogni scena.

La città si chiama Cava dei Tirreni, è un antico borgo e si trova alle porte della Costiera Amalfitana, quindi è anche un ottimo punto di sosta per chi vuole visitare una delle bellezze d’Italia.

Speriamo che il borgo sfrutti questo bellissimo video e lo faccia diventare virale perché, ha mio modesto parere, l’idea è davvero carina. Anzi potremmo fare un’esperimento e provare a dargli una mano: ognuno di voi che mi leggerà, potrebbe condividere il video e vedere dove arriva, che ne dite, facciamo questo esperimento sociologico??!!